LE FORME DI PRODUZIONE SUCCESSIVE |
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NELLA TEORIA MARXISTA . 1960 . 1980
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Forma di produzione e modello astratto Considerando gli "apporti specifici” dei successivi paesi borghesi, abbiamo potuto nelle diverse edizioni opporre, per più nettamente definirli, i tratti distintivi del capitalismo in Italia, in Portogallo, in Spagna e in Olanda, a quelli delle nazioni industrializzatesi poderosamente sin dal XIX secolo. Ciò ci ha condotto a enucleare gli apporti alla genesi del capitalismo in questi ultimi paesi e quindi ad avere una visione più organica della strutturazione della società capitalista, a partire dalla forma di produzione che sistematizza la base economica e fonda Ie sovrastrutture giuridiche, politiche e ideologiche. Abbiamo contemporaneamente visto come l'espansione del capitalismo nel mondo abbia dato la predominanza, nel corso della sua elaborazione insieme grandiosa e infame, alla razza bianca e all'Europa. Ciò ha ulteriormente allargato il quadra delle Forme, e tali aggiunte - passando dall'enunciazione delle leggi astratte della dinamica delle forme successive alla loro illustrazione pratica nella storia vivente - miravano in particolare a mettere in evidenza la genesi delle strutture del mondo capitalista in seno al quadro nazionale attraverso l'interazione del campo mondiale e locale. La forma mercantile e monetaria fu installata in Italia nel suo insuperabile modello per tutti i paesi capitalisti ulteriori del mondo.[1] Quanto ai Paesi Bassi, alla Spagna, al Portogallo, essi la propagarono al mondo intero imponendo il colonialismo e lo schiavismo (mercantilismo imposto agli esseri umani in modo immediato) e creando il mercato mondiale. Veniva in tal modo data al mondo la condizione preliminare del modo di produzione per lo sviluppo della produzione industriale e agricola, di cui l’Inghilterra ha fornito il modello. Ricordiamo in ogni caso che il denaro e la merce sono i due fattori primari di tutti i rapporti capitalisti, dagli scambi nella distribuzione al metabolismo della produzione. Il modello economico realizzato dalla borghesia inglese si era incorporato la natura mercantile dell'Italia e fu trasmesso a tutti gli altri paesi borghesi. Su questa base, la Francia - durante la rivoluzione borghese - instaurò il modello più perfetto di sovrastrutture politiche, con lo Stato e il codice napoleonico nonché l'esercito democratico basato sull'obbligo militare di tutti i cittadini. La Germania, che mancò la sua rivoluzione borghese pratica fino al 1871, sviluppò la sfera della coscienza e delle sovrastrutture borghesi nella sua forma più elaborata. Il grande Schema sinottico annesso al nostro testo sulle Forme riprende questa progressione dall'alto in basso nel corso della storia del modello sociale capitalista nelle sue grandi suddivisioni che non sono soltanto analitiche, di metodo, ma corrispondono rigorosamente alla genesi della forma borghese nella storia. Fu ogni volta una rivoluzione in un paese determinato ad introdurre un nuovo piano della costruzione capitalista. Nella citazione a proposito di List che abbiamo posto all'inizio di questa prefazione, Marx spiega la dialettica tra questa creazione progressiva del capitalismo e la sua invarianza una volta che una struttura è stata avviata da un certo paese, quest'ultima - come modello - essendo ripresa da tutte Ie altre nazioni capitaliste sotto la sua forma universale e storica. Una visione meramente descrittiva che registrasse semplicemente i fatti verrebbe alla conclusione che si tratta di una creazione progressiva, mai fissata, e dunque indeterminata che si effettuerebbe senza continuità né analogia nei molteplici paesi. E' quanto suggerisce anche la storia dell'Italia in cui il capitalismo nacque senza determinazioni nazionali nel paese, sotto la spinta di forze più vaste, internazionali, e da cui esso disparve di nuovo senza alzarsi al piano superiore della produzione, ecc. per resuscitare, armato di tutto punto, col Risorgimento. Insomma, il quadro nazionale è del tutto insufficiente per spiegare la genesi e lo sviluppo del capitale, come pure i suoi alti e bassi, e occorre riferirsi alle sue radici internazionali per avere tutti i dati che presiedono alla sua formazione e al suo sviluppo. E non può essere altrimenti poiché è un modo sociale dell'attività e della vita umana. Ora, quest'ultimo non può essere afferrato sviluppando un modello, delle leggi astratte, un tipo, in questo caso del capitalismo, che non esiste in maniera pura e completa in alcuno dei paesi contingenti, ma che corrisponde pienamente alle deduzioni sociali di tutto il campo della società umana di un’epoca storica data. Questo tipo forma la dottrina di una classe che arriva al potere con l'irruzione del suo "modo di produzione". Questa dottrina o programma si distingue, secondo Marx, dalla coscienza, piuttosto falsa, che la borghesia ad esempio può avere di se stessa, tanto nei suoi scritti filosofici che politici e scientifici. Tuttavia, non si doveva attendere Marx per fare dei modelli qualsiasi nel campo scientifico ed economico. Quesnay, ad esempio, ne ha fatto uno di qualità eccezionale all'inizio del capitalismo.[2] La matrice Italiana del capitalismo Salta agli occhi che Quesnay è soltanto una penna a cui un fatto sociale immenso detta il suo piano. Se cerchiamo il vero protagonista che rivela e introduce socialmente il capitalismo come forma di società e di produzione reale, anche se non e ancora abbastanza sviluppata perché Ie sue differenti parti costitutive si siano pienamente manifestate alla luce del sole, lo troveremo nei Comuni Italiani dell'inizio del secondo millennio, come embrione di modello che contiene già, se pure confusamente, tutti i rapporti borghesi. Dove sarebbe la loro epopea grandiosa, se essi non avessero costituito, in pieno regime feudale alla scala del mondo, altrettante solide pietre miliari socialmente se non localmente incrollabili, in quanto anticipazioni dell'avvenire capitalista del resto dell'umanità? Per definizione, la sfera nazionale si distingue quindi dal campo totale del mondo.[3] Di fronte alla forma sociale determinata, la nazione è un fattore eminentemente cangiante - prima rivoluzionario, poi conservatore -, fattore di progresso in una certa parte del mondo e intralcio sociale in un'altra parte. Insomma, la rivoluzione borghese introduce il concetto pieno del capitale - e di colpo si arresta ogni sviluppo qualitativo nuovo nella cornice della nazione, lo sviluppo quantitativo dando una qualità nuova, antagonista alla prima. Il capitalismo, dal principio alla fine, non può quindi evolvere, essendo un concetto pieno e unico. E, di fatto, la sua larga base monetaria e mercantile, nata sulle rive del Mediterraneo, conteneva già - come un bimbo che appena nato possiede gambe e lingua, pur non sapendo ancora utilizzarle per correre e discorrere - tutti gli elementi costitutivi del capitate, compresa la manifattura, che produce le merci circolanti sul mercato nazionale e internazionale - beninteso coi limiti dell'epoca. Come si è accennato nel capitolo precedente, i molteplici apporti tecnici e produttivi dell'Italia allo sviluppo economico degli altri paesi capitalistici non avrebbero potuto aver luogo se il capitalismo non fosse nato - già nel primo paese borghese del mondo [4] - perfetto di tutte le sue strutture. Per questo, nonostante la stagnazione e il regresso sociale patito successivamente dall'Italia, il seme del suo nuovo modo di produzione potè spargersi fin sulle rive dell'Atlantico con la formazione del mercato mondiale, prima di allora limitato al Mediterraneo, al Medio Oriente e all'Europa occidentale, e inoltre gettare le fondamenta per sviluppare la sua base mercantile e monetaria prima in produzione manifatturiera, poi in grande industria in Inghilterra. Similmente, le sue sovrastrutture giunte classicamente a maturazione nella rivoluzione francese del 1789 erano già contenute in miniatura nei comuni d'Italia, così come nello Stato portoghese, spagnolo, olandese e inglese agli esordi, con il parlamento, la Costituzione, il potere esecutivo e legislative, la famosa democrazia, il liberalismo, e il monopolio di Stato. Italia e Portogallo furono pienamente capitalistici, se pure in anticipo sullo sviluppo della grande industria moderna - ed è una flagrante falsificazione affermare che il capitalismo vi fu realizzato solo a metà. [5] Come ribadisce Engels nella prefazione Italiana del Manifesto, l’Italia è borghese fin dal XIV secolo. Il talento e l'abilita soppiantavano l’autorità degli ordini e della gerarchia stereotipata del feudalesimo, mentre l’economia si orientava verso l'appropriazione di nuovi guadagni e profitti, il che generalizzava lo spirito di calcolo. E' la fine del commercio dei nomadi dell'Oriente e l'instaurazione dei sistemi razionali (ripresi dagli Arabi) con la contabilità, il bilancio, il credito e gli affari in commissione. I mercanti si legarono alle corporazioni di mestiere che organizzarono la produzione regolando unitariamente la qualità degli articoli, il loro prezzo, il loro smercio e il sacrosanto utile. Il tutto fu organizzato nei Comuni Italiani, libere repubbliche e unità mercantili stabili, con un mercato e una rete commerciale permanente sovrastati da una organizzazione politica e da una ideologia di cittadini liberi e uguali, armati e deliberanti, in breve la matrice dello Stato politico classico che scaturirà dalla rivoluzione francese come modello nazionale. Una volta forgiata questa forma nuova in un punto del mondo, sarà l'atto rivoluzionario della sua diffusione: queste repubbliche gettano ponti verso regioni che saranno in seguito conquistate dal capitalismo - con lo spostamento del loro centro di gravità dal Sud verso l'alta e media Italia - in direzione del Nord-Ovest e del Nord, la Francia, i Paesi Bassi, la Germania meridionale e quindi di tutta l'Europa occidentale e centrale. Anticipazioni feconde Benché lo sviluppo dei centri borghesi fosse sulle prime sporadico e del tutto localizzato in piccole isole, il capitale era presente nella sua completezza e aveva sconfitto il feudalesimo per conto dell'intera umanità sul piano teorico proposto dal suo modello di un'efficacia produttiva superiore. Prova ne è che la borghesia era gia affiancata dalla classe che Ie succederà in una forma di produzione superiore al capitalismo: gli operai salariati dell'agricoltura, delle manifatture, della distribuzione, ecc.[6] De te fabula narratur, diceva Marx. Questo capitalismo viene man mano introdotto da una rivoluzione politica in tutti i paesi, l'uno dopo l'altro, nel tempo e nello spazio. Il primo mostra ai seguenti la via di una sola ed unica rivoluzione, che localmente e in date condizioni può essere rimessa in questione, venga essa battuta dalla reazione feudale ovvero degeneri. E il capitale bambino era, esattamente come l'adulto e il vecchio, ferocemente imperialista, colonialista, schiavista, predatore, sfruttatore, sistematizzatore, truffatore, avido di plusvalore e di sovraprofitto nella guerra di tutti contro tutti. Impianto delle sovrastrutture Nel primo testo dell'edizione Italiana, abbiamo soprattutto messo in luce i meccanismi e la definizione di ciascun modo di produzione e del suo trapasso al seguente, per cui abbiamo soltanto sfiorato il problema delle sovrastrutture che ricoprono la base economica prolungandola nella vita civile della società, dove esse costituiscono i mezzi materiali degli "interventi dispotici" di ritorno sull'economia, sia per bloccare il corso delle forze produttive in maniera controrivoluzionaria sia per permettere al contrario il loro sviluppo in maniera rivoluzionaria. La questione militare, nella sua strutturazione specifica a ciascun livello di una forma di produzione, abbordava la questione, ma non tesseva direttamente il legame tra la dinamica della base economica e il suo processo di rivoluzionamento o di blocco ad opera delle sovrastrutture. Sarà questo l'argomento di una terza monografia che sarà pubblicata dopo la presente riedizione delle Forme. Essa avrà come tema, per illustrarla, la storia dell'Italia, alla quale applicheremo i criteri marxisti corrispondenti, trasportandoli dalla teoria o dalla loro applicazione storica negli altri paesi allo spazio e al divenire Italiano concreto. Questa raccolta sboccherà, come tutte Ie nostre monografie, sull'attualità, sull'urto militare imminente nelle metropoli tra controrivoluzione borghese e rivoluzione comunista. Ma ritorniamo rapidamente ai problemi della genesi delle sovrastrutture, ben sapendo che esse erano in ovo nei Comuni Italiani prima di trovare in Francia la loro forma dispiegata, classica, quel che Marx chiama nella sua critica a F. List il loro carattere universale e storico che sarà ripreso come modello teorico da tutte Ie nazioni capitalistiche che vedranno successivamente la luce. La sovrastruttura nata spontaneamente nei Comuni Italiani era, anch'essa di chiara forma - modello e stereotipo nazionale che, una volta formato il mercato mondiale, sarà universalizzato per tutti gli altri capitalismi per passare socialmente dalla circolazione alla produzione. Ora, anche se solo la rivoluzione francese del 1789 ha dato alle sovrastrutture borghesi la loro forma nazionale, centralizzata e concentrata più classica, lo Stato dei borghesi dell'alba capitalista aveva già tutte queste caratteristiche, se pure su scala indubbiamente minore nello spazio, essendo Ie condizioni meno mature. |
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Così la Cina, che accede al capitale soltanto nel 1949, è borghese esattamente come Ie vecchie nazioni borghesi dell'Europa, se pure in quantità minore - qui tutta la sua specificità, se si può dire. Anche se lo sviluppo pratico è ivi debole, il capitale ha trionfato socialmente e domina la società cinese che ha gli uomini d'affari conformemente alla sua industria, come ha avuto i suoi Robespierre e i suoi Napoleone. Gli eserciti dell'imperialismo alleati ai signori feudali della guerra all'interno attestano che il processo è ovunque lo stesso - e dunque anche il modello astratto.
"Cromwell è Robespierre e Napoleone in una sola persona; alla Gironda, alla Montagna ed agli hebertisti e babuvisti corrispondono i presbiteriani, gli indipendenti ed i livellatori", afferma Engels in una potente sintesi teorica su La situazione dell'Inghilterra, in cui analizza i caratteri "nazionali" di tale paese.[7] La sola differenza che crea la particolarità nazionale, è che la rivoluzione si effettua da un paese all'altro in più grandi condizioni di maturità dello sviluppo generale, di modo che l'ultimo arrivato approfitta di tutte Ie acquisizioni tecniche sviluppate fino allora nel mondo. Cosi la grande industria, preparata altrove da secoli, scaturì di colpo in Inghilterra. Le caratteristiche nazionali non sono dunque che un aspetto unilateralmente sviluppato della crescita internazionale di una forma di produzione, in quanto rappresentano altrettanti limiti da superare. Così ai politici Francesi incomberà il compito di sviluppare una economia, ai teorici tedeschi di sviluppare economia e politica all'altezza della loro abilità teorica e organizzativa - una questione di tempo. Ma nulla di nuovo in questa ripetizione da una nazione all'altra. L'epopea nazionale, che costituisce il culmine della vita di ogni paese, è solo una ionizzazione particolare tramite la quale una società locale si alza a una forma superiore perché, nel campo di forza universale, il centra di gravità rivoluzionario si è spostato verso di essa - per un momento. E il primo paese capitalista? Proprio in esso sta il segreto della nascita in blocco del capitale con tutte le sue virtualità, strutture e sovrastrutture, allorché esso scaturisce dalla dissoluzione della precedente forma di produzione che lo ha generato nel suo seno, come la borghesia è nata stato e ordine nel feudalesimo prima di diventare classe dominante nel capitalismo. Si tratta della sintesi nuova e superiore di tutte le anteriori conquiste storiche mondiali.[8] Il capitalismo nasce dunque di un blocco, anche se si estende gradualmente da una nazione all'altra. Se l'Italia è stata la prima nazione borghese e la sua storia così straordinariamente ricca, ciò è dovuto alla sua posizione geografica aperta a tutti i venti, il che le impedisce di avere una qualsiasi autonomia nazionale e quindi una potenza propria. [9] Se di grandezza nazionale si fosse trattato, l’Italia, con Ie proprie forze, dandosi uno Stato più ampio, frontiere più larghe e sicure, un'industria moderna, ecc., avrebbe evitato la stagnazione e la sua decadenza secolare e proseguito il progresso interno - che passò invece ad altre nazioni. Vie commerciali e nodi strategici In quest'ultimo capitolo sottolineeremo il legame dello studio sulle Forme di produzione successive con I'attualità bruciante della crisi mondiale che metterà alle prese rivoluzione e controrivoluzione nella lotta per passare dal capitalismo al socialismo, e determineremo qual è lo schieramento delle forze gigantesche in urto con la strategia che vi impiegherà il proletariato rivoluzionario. Questa analisi del meccanismo e della dinamica storica dello spostamento delle linee di forza e del centro di gravità della rivoluzione e della controrivoluzione ci permetterà di stabilire qual è, nel rapporto di forza attuale, la posizione di ciascun protagonista del dramma sociale che già apertamente si svolge in aree immense del mondo. Ciò che caratterizza la società capitalistica è precisamente il movimento incessante delle forze in campo. Il rapporto tra l’Italia e Ie nazioni che hanno preso il suo posto e nello stesso tempo la sua eredità conferma ulteriormente la contingenza e i limiti del terreno nazionale. Il fatto economico decisivo fu lo spostamento del centro di gravità dal Mediterraneo alle rive dell'Atlantico, col tumultuoso affluire nella penisola iberica e nei Paesi Bassi della millenaria esperienza storica mediterranea e il parallelo scivolare dell'Italia in un declino di secoli. Non si trattava di un fatto nuovo. Anche Roma aveva approfittato infatti a suo tempo dello spostamento e dell'estensione del mondo antico in direzione dell'Occidente, prendendo la successione della Grecia per sviluppare fino agli estremi limiti lo schiavismo sorto nella produzione greca. Tale successione si fece naturalmente (siamo nelle società di classe!) in modo tutt'altro che progressivo e pacifico: i romani dimostrarono la loro riconoscenza ai propri maestri muovendo loro guerra e cercando di assoggettarli al fine di incorporarli come protettorato nel proprio impero. Si vede qui l’abisso che corre tra la concezione storica della classe proletaria e Ie epopee nazionali, insegnate con gran daffare nelle scuole per l'imbottimento dei crani. E' lo stesso movimento storico ad innescare la scintilla della nazione per spegnerla poi, quando I'umanità ha raggiunto una sintesi più alta, facendo scadere o addirittura degenerare quella nazione che aveva fatto da battistrada al progresso umano. Così da rivoluzionaria, una nazione o classe diviene controrivoluzionaria - un peso morto, un ostacolo. La spiegazione è sempre storica. Bloccato allo stadio mercantile, il Portogallo non potè sfruttare industrialmente Ie sue colonie dell'Angola e del Mozambico, ricche quanto I'opulento Sudafrica di materie prime. Lasciate incolte, esse sono servite soltanto da colonie di popolamento (caccia di schiavi e insediamento di coloni bianchi) per la metropoli, che restava ferma alla prima fase del capitalismo, contrariamente al Belgio, ad esempio, che gagliardamente saccheggiava il Congo, diciassette volte più esteso della stessa metropoli. Questi dati storici del passato spiegano due fatti assolutamente attuali: 1. la cupidigia dei grandi - e anche dei piccoli - imperialismi nello spartirsi il bottino dei vecchi colonialisti portoghesi e rifornirsi di materie prime, ponendo gli artigli sia sulla metropoli che sulle sue colonie (azione della socialdemocrazia tedesca a Lisbona e in Sudafrica, per intascare Ie sua piccola porzione di successione). 2. Queste colonie (come anche il Capo Verde) costituiscono altrettanti punti strategici di prim'ordine su un fianco dell'Africa (sulla via del petrolio oggi, dei mercanti di schiavi ieri - in direzione dello Zanzibar e del Media Oriente o dell'America), poiché costituivano i primi punti-base, dunque i più essenziali nella formazione storica del mercato mondiale e della conquista del pianeta. Le attuali guerre imperialiste di saccheggio del mondo proseguono sullo slancio e le tracce dei condottieri assetati di oro e di derrate preziose dell'era borghese. La questione delle forme successive di produzione che mette in luce la dinamica economica del progresso umano ha qui un punto di collegamento con la questione militare delle rivoluzioni succedutesi nella storia. Oggi la lotta contra il capitalismo dimostra di essere, in sé e per sé, la sintesi di tutte le lotte e la potenzializzazione ad un livello superiore di tutte le battaglie anteriori dell'umanità. E' quanto suggerisce irresistibilmente I'urto dei blocchi americano e russo che risveglia tutti i demoni delle guerre passate nel loro confronto alla scala del mondo - e questo tanto più che nessun problema ha trovato soluzione, né dopo la prima guerra mondiale, né dopo la seconda, in cui i vincitori non si sono preoccupati di concludere la pace o di pervenire a un accomodamento tra... briganti imperialisti dello stesso campo. L'esperienza amara di ieri fa presentire oggi che I'avvenire conoscerà le peggiori convulsioni del passato. Un esempio dell'esasperazione crescente delle contraddizioni che precede parallela allo sviluppo delle società di classe ci è fornito dal Portogallo che, all'epoca della formazione del mercato mondiale, si specializzò nella tratta dei Neri che estese al mondo intero [10]. Di fatto, lo schiavismo è ripreso sotto diverse forme dal capitalismo: 1. quale si sviluppa all'inizio del capitalismo, ad esempio negli Stati Uniti, in Brasile, ecc. in cui I'industria inglese favorì il lavoro schiavista per procurarsi materie prime fuori dalla metropoli; 2. nelle forme salariate mitigate di schiavismo, specie quelle in cui lavorano, non la forza lavoro individuale, autonoma e libera, pagata su base oraria per permettere di riprodursi, ossia di far sussistere la famiglia, ma mogli e bambini, laddove i salari non obbediscono più in questo caso ai criteri precedenti, capitalistici, ma a forme di transizione coercitive che oltrepassano il gioco del rapporto mercantile e monetario del capitate; 3. anche sotto la sua forma "normale", il lavoro salariato partecipa dello schiavismo poiché implica il dispotismo di fabbrica, ossia un sistema di costrizione, di imprigionamento, di spionaggio, di delazione, ecc. ecc., che si aggiunge al lavoro "economico" della produzione, ma ne è inseparabile sotto il capitale perché quest'ultimo è un sistema aggravato di sfruttamento dell'uomo. Queste forme sussistono dall'inizio alla fine del capitalismo, giacché quest'ultimo, se è senile e arcisenile nelle metropoli, ha continuato fino al 1965 a nascere in intere regioni del globo, quindi a riprodurre Ie sue fasi iniziali.[11] Proprio partendo dalla teoria nata da un'epoca - 1848 - in cui era possibile elaboraria, perché il movimento moderno nasceva in opposizione al mondo superato staccandosi con forza e chiarezza nei suoi contorni e strutture, noi possiamo sistematizzare organicamente le leggi che reggono la società attuale e il suo divenire. II nostro compito è in seguito di proiettarle, dapprima sul piano astratto, nel tempo e nello spazio concreti - nelle nostre diverse monografie che seguono a questo testo sulle Forme - al fine di afferrarne il concreto concatenamento e apprendere così a decifrare la materia grezza della storia, poi a maneggiare e applicare le leggi e i principi al processo rivoluzionario universale su cui sbocca l'attuale crisi storica del capitale. La presente pubblicazione è il primo passo in questa direzione, poiché fornisce lo schema della dinamica delle forme in una sintesi mondiale della progressione delle forze rivoluzionarie. Essa getta le basi della seconda monografia sullo Schieramento attuale delle forze in urto che stabilisce qual è il tracciato della talpa rivoluzionaria nel tempo e nello spazio per prevedere che essa sorgerà domani, in una rivoluzione mondiale tra socialismo e capitalismo. Quest'ultima farà saltare - là dove I'infetto sistema di oppressione ha trovato i suoi centri nevralgici - tutte le catene successive che le molteplici classi dominanti hanno serrato sempre più saldamente ai piedi del produttore con le loro sovrastrutture sempre più totalitarie di costrizione giuridiche, politiche, ideologiche e religiose, mentre, nella loro sete crescente di plusvalore, esse facevano crescere anche smisuratamente - date le loro forme di produzione e di distribuzione - le forze produttive, di cui la principale è il proletariato rivoluzionario, suscitando così la forza che oggi è alla vigilia di rovesciarle una volta per tutte.
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[1] - "La parola capitale si incontra nel suo moderno significato economico per la prima volta nell'epoca in cui la cosa stessa fa la sua comparsa, nell'epoca in cui la ricchezza mobiliare acquista sempre più funzione di capitate, sfruttando i! pluslavoro di liberi lavoratori per produrre merci, e precisamente questa parola viene introdotta dalla prima nazione capitalistica della storia: l’’ITALIA DEL XV e XVI secolo", cf. Engels, Anti-Duhring, seconda sezione, cap. VII, Capitale e plusvalore.
[2] - Cf. La struttura tipo della società capitalistica nello sviluppo storico del mondo capitalista, in Vulcano della produzione o palude del mercato?, in II Programma Comunista, n. 13, 9-23.7.1954. [3] - Se precisiamo tanto dettagliatamente il concetto di nazione con Ie sue molteplici implicazioni che ne mutano completamente il significato, lo dobbiamo al fatto che durante tutto questo dopoguerra esso è stato un fattore determinante del movimento rivoluzionario nei continenti di colore. Siccome qui il compito storico consisteva nel rivoluzionare Ie condizioni sociali precapitaliste, i nuovi rapporti sociali non potevano che instaurarsi in seno alla nazione, dunque secondo la maturità dell'ambiente locale, particolare, che volta a volta veniva ionizzato e spinto nel movimento. Resta inteso che tale movimento era generale e comune a tutta l’area formata dai continenti di colore, ma la rivoluzione vi scoppiava al ritmo degli impulsi nazionali secondo il grado di maturità particolare. Insomma, vi era unità dei compiti nello spazio, ma dispersione nel tempo, dunque in un primo momento nessuna solidarietà e azione comune e concentrata di tutti questi rivoluzionari. Ma una volta raggiunto ovunque lo scopo nazionale borghese - verso il 1965 - Ie circostanze cambiano completamente. Le condizioni sociali sono allora omogenee - capitaliste -, e tutti seguono lo stesso ritmo della crisi ciclica della produzione borghese, che diviene generate alla fine del periodo storico - nel 1975; da questo momento si può concepire un movimento unitario oltre i limiti particolari della nazione. All'inizio questa costituiva il quadro e lo scopo della azione rivoluzionaria, mentre oggi è il fattore di condizioni sociali di classe che rappresentano la dissoluzione. I limiti borghesi sono superati, ed il compito è ormai unitario ovunque: rovesciare i rapporti borghesi in dissoluzione. Espliciteremo il legame dialettico tra campo nazionale e terreno internazionale nella nostra monografia Italiana al capitolo sulle "anticipazioni" economiche, ad esempio nel campo dell'armamento navale realizzato dalle Repubbliche borghesi Italiane che prepareranno numerose innovazioni tecniche per la rivoluzione economica ulteriore dei mezzi di comunicazione e dalla grande industria. Per contro, è - come sempre – una forza giovanile, barbara, piena di vita (in questo caso, i popoli di origine anglosassone o germanica) che instaureranno i rapporti capitalisti nuovi in Inghilterra, in Francia e in Germania riprendendo e integrando l'apporto tecnico dei paesi più sviluppati economicamente, ma non in grado di progredire ancora quanto ai loro rapporti economici e politici. [4] - Così si trova gia sporadicamente nelle Repubbliche Italiane la forma salariale della produzione di plusvalore capitalista: "La navigazione, nella scala in cui essa era praticata dalle repubbliche marinare Italiane e anseatiche, era impossibile senza marinai, vale a dire senza salariati (la cui condizione di salariati poteva essere occultata da una forma associativa con partecipazione agli utili); quanto alle galere, c'era bisogno ugualmente di rematori, salariati o schiavi... Troviamo qui i primi germi della formazione di un plusvalore capitalistico", cf. Engels, Considerazioni supplementari al libro III del Capitale, Ed. Riuniti, 1968, p. 44-45. Anche se il capitate nasce dunque gia completamente formato e resterà invariabile sul piano qualitativo, se non quantitativo, poiché crescerà e poi declinerà come ogni organismo vivente, esso non troverà la sua forma interamente sviluppata - classica - che assai più tardi. Così si dovrà attendere lo sviluppo del capitalismo in Inghilterra per avere la sua forma dispiegata nella base economica della produzione. [5] - Sarebbe assurdo dire che questo capitalismo mancava dell'industria corrispondente, delle sovrastrutture politiche, ideologiche, artistiche, ecc. Del resto, una delle più belle efflorescenze delle sovrastrutture borghesi, il cristianesimo, trova il suo centro proprio a Roma, dove il papato alternativamente appoggia o tradisce la borghesia in un processo, anch'esso classico per la borghesia, di rivoluzione e di controrivoluzione. Nella nostra monografia, consacreremo un capitolo specifico a questo "contributo Italiano" alla formazione della sovrastruttura religiosa rappresentata dal cristianesimo che ovunque si dispiega e si espande nello stadio senile del capitale - fino nell'America protestante e puritana. [6] - Il superamento di questi limiti borghesi stessi si effettua nel modo più chiaro, ogni volta, nell'esistenza del proletariato comunista sulla base del salariato che implica già il capitate nella sua universalità: "La dottrina del comunismo ha un'origine differente nei tre paesi: gli inglesi sono giunti a questo risultato in maniera pratico-economica, a seguito del rapido aumento della miseria, della degradazione e del pauperismo nel loro paese; i francesi in maniera politica reclamando dapprima la libertà e l'eguaglianza politiche e poi, visto che ciò non bastava, aggiungendo alle loro rivendicazioni politiche la rivendicazione della libertà sociale e dell'eguaglianza sociale; i tedeschi sono divenuti comunisti attraverso la filosofia traendo Ie conclusioni a partire dai primi principi", cf. Engels, Progressi della riforma sociale sul continente, in The New Moral World, 4.11.1843. |
[7] - In Vorwarts. 31.8.1844.
[8] - Ciò ci ha indotti ad inserire nell'edizione tedesca, nello Schema sinottico delle cinque successive forme di produzione e di società, orizzontalmente, dopo la succinta descrizione del livello tecnologico di ciascun modo e variante, una casella nuova sui Presupposti della produzione di ogni variante o forma, definendoli come segue: "Questa rubrica è il risultato di tutte le condizioni della Forma precedente, la sintesi, all'inizio della forma nuova, di tutti gli elementi accumulati dalla precedente - nel comunismo primitivo, la natura ambiente e sociale; nei feudalesimo, la somma delle tre varianti della forma secondaria". [9] - "Non solo la sua funzione di piattaforma girevole del commercio euro-levantino apriva l'Italia alle influenze dei paesi stranieri, ma altresì la sua posizione geografica nel campo di forza europeo faceva di essa una terra di guerre straniere. "Ancor più del Belgio. l’Italia settentrionale è da secoli il campo di battaglia sul quale tedeschi e francesi regolano i loro contrasti. Che i tedeschi invadano la Francia o i francesi la Germania, il possesso del Belgio e della valle del Po è necessaria per chi attacca, perché soltanto questo possesso rende completamente sicuri i fianchi e le spalle dell'invasore", cf. Engels, Po e Reno, febbraio-marzo 1859. La debolezza della piccola Italia nelle sue frontiere nazionali si vede a contrario nella potenza dell'impero romano che invece inglobava province a Nord e a Nord-Est, in Francia e in Germania meridionale. In riferimento a questa questione, cf. Engels, Po e Reno e Nizza, Savoia e Reno. Proprio perchè bramava le province renane, Napoleone III fece le sue guerre Italiane del 1859 contro l'Austria mirando alla Germania sul Po. Per contro, l'Italia è abbastanza lontana dall'Inghilterra e dalla Russia perché queste intervenissero direttamente sul suo territorio. Non fu nel 1859 la prima volta che la Francia conduceva la sua guerra in terra italiana. Come facevano notare gli inglesi a proposito di Napoleone III che si atteggiava a liberatore dell'Italia e si oppose a Garibaldi a Roma: "Sempre, dall'epoca di Carlo VIII (1470-98), la Francia era impiegata a distruggere l’Italia e a far di questo paese un pretesto per turbare la pace in Europa... Prescindendo dalla spartizione della Polonia, non c'e violazione più sfrontata di tutti i principi dell’indipendenza nazionale e del diritto delle nazioni di quella perpetuata a Roma dalla banda di pretoriani francesi nell'assassinio della Repubblica di Roma. Ora, Roma è caduta nel luglio 1849, e da allora Luigi Bonaparte la tiene nelle sue grinfie - e sono tredici anni suonati", cf. Marx, Un meeting per Garibaldi, in Die Presse, 17.9.1862. Su questo piano l’Italia è vicina alla Germania: la Francia e la Russia, in tutto il corso della storia, si sono arrogate "il diritto consuetudinario" di smembrare la Germania, mentre la Francia e l'Austria vigilavano a che l’Italia rimanesse spezzettata, cf. Engels, II ruolo della violenza nella storia. [10] - Qui ancora quando parliamo del Portogallo, è pure dell'Italia che si tratta, dal momento che il primo non ha fatto che diffondere il sistema schiavista che la terra d'Italia sviluppò nella sua forma più classica sotto la vecchia Roma, prolungando lo schiavismo domestico nato nella forma asiatica e instaurato per la prima volta in Grecia. Le tradizioni schiaviste sono infatti ancora assai vive nei costumi e nelle istituzioni sociali (sovrastrutture giuridiche, potitiche e ideologiche) tanto dell'Italia, per la sua storia passata, che degli Stati Uniti, per il suo sviluppo economico che non è così lontano. [11] - Il capitalismo non può abolire la schiavitù più di quanto i Nordisti hanno potuto regolare questa questione e quella dei Neri negli Stati Uniti, malgrado la guerra civile combattuta contro gli schiavisti del Sud. I rapporti degli organismi più diversi pullulano di indicazioni sulle forme più o meno larvate di schiavismo nel mondo attuale - dalla schiavitù domestica nei paesi arabi produttori di petrolio a danno della popolazione nera d'Africa, specie donne e bambini, alle molteplici forme di lavoro forzato di bambini tenuti in schiavitù larvata. Il capitale è infatti, dall'inizio alla fine, un divoratore di carne fresca, in particolare di bambini, come Marx ha descritto nel Capitale a proposito del vergognoso sfruttamento dei bambini nelle fabbriche inglesi. Ecco un esempio recente: il rapporto della Società Antischiavista di Londra del 4.12.1979 segnala che 16 milioni e mezzo di bambini fanno del lavoro forzato in India a partire dai 4-5 anni. In tre città manifatturiere di Tamilnadu, il 22% dei bambini lavorano da 12 a 13 ore al giorno e il 31% da 10 a 14 ore per meno di 6.000 lire al mese. Le ragazze sono le più impiegate perché sono le meno difese in questa società maschile e anche le più generose a prodigare le loro energie in confronto ai ragazzi. Così in India la speranza di vita dalla nascita è più bassa per una bambina che per un bambino, a differenza della maggior parte degli altri paesi i bambini sono impiegati perché i padroni guadagnano di più con loro che con gli adulti. La ragione di questo schiavismo infame è dunque puramente capitalista, come le manifatture in cui lavorano questi infelici piccoli proletari.
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